L'appello

Sos sanità: in provincia di Belluno mancano 250 professionisti sanitari

L’allarme arriva dalla Cisl Belluno-Treviso che oggi, martedì 11 aprile, ha presentato un documento ricco di proposte ed eventi per cercare di invertire la rotta

Sos sanità: in provincia di Belluno mancano 250 professionisti sanitari
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La tutela della salute sta diventando sempre più un privilegio per pochi anziché un diritto universale.

Sos sanità: in provincia di Belluno mancano 250 professionisti sanitari

Parte da questa riflessione la proposta lanciata dalla Cisl Belluno Treviso con le Federazioni della Fnp (Pensionati), Fp (Pubblico impiego) e Fisascat (Servizi) a tutte le istituzioni bellunesi per la costituzione di un tavolo permanente territoriale che coordini proposte e provvedimenti in materia di sanità, servizi socio-sanitari e salute pubblica.

È un sos per la salvezza della sanità in montagna quello lanciato dalla Cisl alle altre organizzazioni sindacali, alla Ulss 1 Dolomiti, alla Provincia, alla Conferenza dei Sindaci, ai coordinatori della Rsa, alle Unioni montane, alle associazioni di volontariato e del terzo settore e alle associazioni datoriali. L’appello, sotto forma di un documento ricco di proposte e di spunti, è stato inviato a tutti i soggetti interessati e presentato oggi 11 aprile nella sede di Belluno del sindacato da Massimiliano Paglini, segretario generale Cisl Belluno Treviso, Patrizia Manca, segretaria generale Fisascat, Maurizio Cappellin, segretario Fnp, e Mario De Boni, segretario generale Fp territoriale.

Contestualmente, è stata avviata una raccolta firme tra i lavoratori, i pensionati e la cittadinanza tutta, invitata a sostenere con forza le proposte e gli obiettivi presenti nel documento: avere più medici, infermieri, personale sanitario e assistenziale adeguatamente formato e valorizzato, riconoscendone il ruolo strategico e adeguando salari, diritti e progressioni di carriera; rafforzare l’assistenza territoriale per dare concretezza alla presa in cura delle persone, dare sostegno ai caregiver, favorire l’integrazione sociale e sanitaria per garantire la domiciliarità e la creazione di centri di erogazione accessibili, riconoscibili, aperti almeno nelle 12 ore diurne; rivedere l’organizzazione della Medicina generale e pediatrica, assicurare l’operatività di team multiprofessionali con livelli assistenziali.

Inoltre, prevedere minimi obbligatori per tutti i medici che assicurino orari di apertura diffusi per gli assistiti, in particolare se associati in studi medici; mettere in sicurezza gli ospedali a partire dai Pronto Soccorso e dall’Emergenza-Urgenza; fare realmente delle Case della Comunità una sede in grado di semplificare l’accesso ai servizi, un luogo di partecipazione dei cittadini, del volontariato, del terzo settore; realizzare gli ospedali di comunità per consentire la transizione dalla fase di ricovero in ospedale al ritorno alla vita normale; creare condizioni per una maggior attrattività del territorio: edilizia agevolata, servizi sociali per l’infanzia, infrastrutture materiali e immateriali.

A sostegno delle proposte, numeri impietosi che più di ogni parola descrivono la situazione drammatica in cui si trova il territorio bellunese, demograficamente fragile e geograficamente complesso per scarsa densità abitativa e per carenza di infrastrutture e servizi sociali: mancano 250 professionisti sanitari e socio-sanitari e almeno 150 badanti, 40/50 infermieri come minimo “vitale” per garantire la sostenibilità sociale di base, circa 45 medici di Medicina generale. Infine, pensioni e redditi fermi da molti anni e aggrediti dall’inflazione stanno creando sempre più difficoltà alle famiglie a sostenere le spese per la casa di riposo, ma anche per il pagamento dei servizi domiciliari.

“È fondamentale - affermano Paglini, Manca, De Boni e Cappellin - ricondurre sotto un’unica regia e un unico coordinamento le diverse e frastagliate azioni che vedono molti soggetti andare in ordine sparso. È necessario un new deal per la provincia di Belluno, che sia capace di intercettare e pianificare le risorse del PNRR unitamente ai fondi di confine e ai fondi per la montagna e le aree interne. Di frammentazione e scollegamento si muore, siamo convinti che sia giunto il tempo di far sentire il peso e la voce della comunità bellunese, per questo invitiamo tutti i cittadini a firmare per sostenere l’appello”.

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