Strage in Cadore, il dolore dei familiari: “Ogni giorno cerchiamo la forza per andare avanti”
La replica della famiglia a seguito delle dichiarazioni della 33enne tedesca Angelika Hutter che ha parlato di guasto tecnico all’origine dell’eccessiva velocità
Si dicono indignati i familiari delle vittime della strage a Santo Stefano di Cadore.
Strage in Cadore, il dolore dei familiari: “Ogni giorno cerchiamo la forza per andare avanti”
“L’eccessiva velocità, determinante per le conseguenze terribili della tragedia, non dipende da fattori terzi, è inaccettabile addurre come alibi un guasto, e l’iniziale disinteresse pesa come un macigno: troppo facile provare rimorso adesso”.
Finora i familiari del piccolo Mattia Antoniello, del papà Marco e della nonna materna Maria Grazia Zuin, le vittime della strage di Santo Stefano di Cadore, nel Bellunese, hanno preferito non rilasciare dichiarazioni, mantenendo un profilo molto basso, sia per il dolore immenso che provano e che ogni giorno diventa più forte, sia per il massimo rispetto e fiducia nel lavoro della magistratura.
Per loro, però, è stato davvero troppo apprendere che Angelika Hutter - l’automobilista tedesca di 33 anni che guidava l’Audi A3 che il 6 luglio 2023 ha falciato i tre innocenti che camminavano tranquillamente sul marciapiedi – ha ascritto la causa dell’incidente ad un guasto meccanico alla sua vettura.
“Sarà la consulenza tecnica disposta dalla Procura di Belluno ad accertare la fondatezza di questa circostanza - premettono Elena Potente, che in un solo colpo ha perduto il figlioletto, il compagno e la mamma, e Rocco Antoniello, il fratello di Marco - Ma anche ammesso che la macchina abbia avuto un qualche problema tecnico, non c’è il minimo dubbio che la causa principale della tragedia e delle sue proporzioni sia la velocità tenuta dalla Hutter, che andava quasi al doppio del limite vigente in quel tratto di strada, di 50 chilometri all’ora, com’è stato già ampiamente comprovato, e qui la responsabilità è tutta, solo e indiscutibilmente della conducente”.
I familiari si dicono anche quanto meno perplessi, se non offesi, in merito ai presunti sentimenti di pentimento e rimorso che oggi la responsabile della strage afferma di provare in carcere.
“Questi sentimenti contrastano con la condotta tenuta nell’immediatezza dell’incidente dalla donna, che si è letteralmente disinteressata di tutto, chiudendosi nel silenzio, come se nulla fosse accaduto – concludono Elena e Rocco – È troppo facile esprimersi così adesso ed è anche irrispettoso nei confronti di persone come noi che abbiamo perso in un istante così tanti affetti, che ogni giorno dobbiamo cercare la forza per andare avanti e a cui nulla e nessuno potranno restituire l’immensità che c’è stata strappata”.