Resta tetraplegica per un errore medico a Feltre e deve lottare anche contro l’Inps
Il calvario della 64enne iniziato nel 2018 quando si sottopone presso il reparto di Cardiologia dell’ospedale di Feltre a un intervento di ablazione atriale.
Il calvario di una 64enne di San Stino di Livenza: il Tribunale le dà ragione riconoscendole un grado d’invalidità meritevole dell’assegno, ma l’Istituto torna ad abbassarglielo.
Resta tetraplegica per un errore medico, il calvario di una 64enne
Si ritrova tetraplegica dall’oggi al domani a causa di un errore medico, l’Inps le riconosce un grado di invalidità di gran lunga sottostimato rispetto alle sue reali condizioni costringendola a ricorrere, con successo, in tribunale, che la inquadra giustamente nello scaglione superiore per il quale è previsto l’assegno di invalidità. Ma nel frattempo l’Istituto la convoca per la verifica delle agevolazioni di cui ha diritto ai sensi di un’altra legge, la 104, che è altra cosa rispetto all’assegno, e riconferma la precedente percentuale, con il risultato che la disabile dovrà riproporre ricorso.
E’ un’odissea senza fine quella di una 64enne di San Stino di Livenza, una via crucis iniziata più di due anni fa, il 5 novembre 2018, quando la donna, a cui nel 2016 era già stata sostituita la valvola mitralica a causa di una stenosi, si sottopone presso il reparto di Cardiologia dell’ospedale di Feltre (Belluno) a un intervento di ablazione atriale.
Caso di malasanità
Durante l’operazione, tuttavia, qualcosa va storto, i medici per errore le incidono l’arteria succlavia destra con conseguente formazione di un aneurisma. La paziente subisce un’ischemia midollare cervicale con emiparesi destra, viene trasferita d’urgenza al Ca’ Foncello di Treviso, per poi essere rimandata a Feltre. A fine novembre viene dimessa, ma la sua vita, e quella dei suoi familiari, viene stravolta: a causa delle complicazioni operatorie e anche di un decorso post operatorio discutibile, la signora deve fare i conti con una “tetraplegia incompleta AIS D livello C3” che le causa gravissimi problemi, non ultimi la ridotta capacità di movimento degli arti. Inizia una lenta riabilitazione, con la necessità di un’assistenza continuativa.
La sessantaquattrenne, per essere risarcita di tutti i pesantissimi danni fisici, morali e anche patrimoniali, visto il costo delle cure, attraverso il responsabile della sede di San Donà di Piave, Riccardo Vizzi, si affida a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei cittadini, che sta seguendo la vertenza in corso con l’Asl n. 1 Dolomiti e l’Asl n. 2 Marca Trevigiana per il riconoscimento della malpractice medica e il conseguente, doveroso indennizzo, ma questa è un’altra storia.
La revisione della perizia medica
Attraverso i propri servizi legali, infatti, Studio3A ha anche proposto ricorso avanti il Tribunale di Pordenone, Sezione Lavoro e Previdenza, per ottenere un Accertamento Tecnico Preventivo contro il provvedimento della Commissione Medica dell’Inps chiamata a valutare la domanda di assegno di invalidità presentata nel 2019 dalla danneggiata, a fronte delle gravi patologie invalidanti ed essendo in possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge in questione, la n. 118/71 e successive modificazioni.
La Commissione, infatti, aveva riconosciuto la ricorrente invalida con riduzione della capacità lavorativa dal 34% al 73%, determinando una percentuale del 60%, che non le avrebbe dato diritto all’assegno. Una stima parsa subito frutto di un’incomprensibile sottovalutazione delle reali condizioni fisiche e delle gravi limitazioni funzionali sofferte dalla richiedente. E infatti il consulente tecnico medico legale nominato dal giudice per procedere all’Atp ha accolto in pieno le osservazioni di Studio3A e della sua assistita, ritenendola invalida con riduzione permanente della capacità lavorativa dal 74% al 99%, e determinando una percentuale dell’80%, che dà diritto alla prestazione economica richiesta.
L’ulteriore beffa
Tutto finito? Niente affatto. Nei giorni scorsi, infatti, mentre si stava attendendo l’omologa da parte del giudice del nuovo riconoscimento relativo all’invalidità lavorativa, la paziente è stata convocata dalla Commissione Medica dell’Inps nel centro medico legale di San Donà (in foto) per la verifica del sussistere delle condizioni per usufruire dei benefici dalla legge 104 che, com’è noto, prevede una serie di (altre) agevolazioni per le persone disabili e alla quale è stata ammessa fin dal 2019 in quanto “portatrice di handicap in situazione di gravità”.
I medici dell’istituto ovviamente hanno confermato che la donna “è portatrice di handicap ai sensi della legge 104″, ma, pur non essendo l’oggetto dell’accertamento, hanno riconfermato e messo nero su bianco la loro valutazione circa la riduzione permanente della capacità lavorativa per l’assegno di invalidità al 60%, valutazione appena “innalzata” dal Tribunale a 80. Risultato, non bastasse tutto quello che la sanstinese deve passare ogni giorno, dovrà ricorrere un’altra volta in Tribunale contro la nuova decisione della Commissione Medica.