La crisi di governo mette a rischio ristori, cassa integrazione, blocco cartelle esattoriali e pure i vaccini
Gualtieri: "Per portare a compimento una nuova richiesta di deficit serve un esecutivo nella pienezza dei suoi poteri".
Dopo lo strappo di Matteo Renzi la crisi di governo rischia di far saltare anche la macchina dei ristori, ossigeno fondamentale per le attività colpite dall'emergenza pandemica. A pagare le conseguenze del fuoco incrociato nel Palazzo potrebbe essere anche il piano vaccinale.
Ristori a rischio
Nella giornata di ieri, poche ore prima che il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, desse concreto seguito a quanto ventilato, ritirando ufficialmente le sue ministre dalla compagine del governo - facendo di fatto venire meno il suo sostegno all'esecutivo giallorosso - il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri aveva lanciato l'allarme circa le conseguenze di tale scenario.
La crisi di governo, infatti, potrebbe bloccare i nuovi ristori, più necessari che mai considerando il protrarsi delle misure di contenimento anti-Covid. Con l'innalzamento dei contagi e il concreto rischio di una terza ondata alle porte è prioritario che le attività commerciali obbligate ad abbassare la serranda ricevano appropriato sostegno economico.
Le ragioni
Per finanziare i nuovi aiuti serve la richiesta di un nuovo scostamento di bilancio da circa 24-25 miliardi che dovrebbe essere approvato dalle Camere e successivamente è necessario il varo del quinto decreto Ristori, che nelle intenzioni del governo Conte dovrebbe configurarsi come l'ennesimo provvedimento anti-Covid destinato a finanziare il prolungamento della cassa integrazione, l'acquisto dei vaccini, il rafforzamento della sanità con una dote di oltre 3 miliardi, e a destinare nuovi fondi per la scuola e per i Comuni.
Il monito di Gualtieri è chiaro: portare a compimento una nuova richiesta di deficit richiede un Esecutivo nella pienezza dei suoi poteri. Con l'apertura della crisi si rischia la paralisi.
Ammortizzatori
Le conseguenze si ripercuoterebbero anche sul rifinanziamento della cassa integrazione. Fra le priorità del governo, figurava anche la riforma degli ammortizzatori, capitale per non trovarsi impreparati alla fine di marzo quando si sbloccheranno i licenziamenti, ma anche quella delle pensioni in vista della scadenza di quota 100. La crisi di governo potrebbe bloccare anche uno dei capisaldi dell'ultima manovra, ovvero l'introduzione dell'assegno unico. A essere minata sarebbe anche la riforma dell'Irpef: Leu chiede di 'congelare' le audizioni avviate dalle commissioni Finanze di Camera e Senato, in attesa di una soluzione all'attuale incertezza politica.
E le cartelle esattoriali?
Ci si chiede inoltre che ne sarà del decreto (atteso per il 20 gennaio) che avrebbe dovuto bloccare l’invio dei 50 milioni di cartelle esattoriali pronte ad essere spedite ai contribuenti. Il Governo Conte puntava a sospendere le cartelle fino al 31 marzo o, addirittura, fino alla fine dello stato di emergenza. Lo scopo di tale stop è quello di andare incontro ai contribuenti già duramente provati dalla conseguenze economiche legate alla pandemia.
Paralisi delle opere pubbliche
Altro grande punto di domanda riguarda il destino di dossier importanti come Alitalia (la cui situazione finanziaria è al limite della sostenibilità) Mps, Ilva (in vista della cassa integrazione che interesserà centinaia di operai per alcuni anni) e Autostrade. Resterebbero ancora senza commissari le opere pubbliche da sbloccare? Pratiche importanti, che necessitano la gestione di un governo solido e coeso, la cui risoluzione in tempi rapidi rischia di retrocedere a data da destinarsi, con una serie di gravi conseguenze economiche e sociali.
Le rassicurazioni di Renzi
Dal canto suo Renzi ha assicurato che Italia Viva voterà a favore del nuovo scostamento di bilancio così come dei ristori. Il Parlamento si prepara a votarlo il 20 gennaio. Immediatamente dopo il via libera delle Camere dovrebbe tenersi un Consiglio dei ministri per varare il nuovo decreto Ristori.
Scenari incerti
La tenuta del Conte-bis è appesa a un filo: se il presidente del Consiglio decidesse di considerare conclusa l'esperienza di governo - parliamo di un esecutivo dimissionario che resta in carica solo per gli affari correnti - non si potrebbe procedere con una richiesta di scostamento di bilancio e con i nuovi aiuti.
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