Annegò nel lago di Santa Croce: "Colpa anche della madre" che deve ora restituire parte del risarcimento (dopo 22 anni)
La Cassazione chiude il caso sulla morte del dodicenne annegato nel 2003 nel lago di Santa Croce: responsabilità condivisa tra famiglia ed enti pubblici

Era il 17 luglio del 2003 quando Emanuele, 12 anni, entrò nel lago di Santa Croce per un bagno che non avrebbe mai dovuto fare.
Annegò nel lago di Santa Croce: "Colpa anche della madre" che deve ora restituire parte del risarcimento (dopo 22 anni)
Non sapeva nuotare, e in quelle acque torbide, trasformate dai lavori di svuotamento dell’Enel, trovò la morte. A distanza di ventidue anni, la giustizia ha deciso che una parte della colpa è anche sua, e di sua madre.
È il caso della morte di Emanuele, un bambino di 12 anni annegato nel 2003 in una pozza del lago di Santa Croce, in provincia di Belluno. Oggi, ventidue anni dopo, è arrivato il verdetto definitivo della Cassazione: la madre e il figlio hanno una parte di responsabilità per quanto accaduto.
Secondo la sentenza, la donna non avrebbe vigilato a sufficienza, permettendo al figlio – che non sapeva nuotare – di addentrarsi in acque apparentemente innocue, ma insidiose e profonde, lasciate scoperte da lavori di prosciugamento condotti da Enel. Una disattenzione che, per i giudici, ha un peso preciso: il 20% della colpa.
Il caso era partito con un orientamento diverso: in primo grado il tribunale aveva dato ragione alla famiglia, riconoscendo l’assenza di cartelli e sistemi di sicurezza come causa primaria dell’incidente. Il risarcimento era stato importante: 600mila euro complessivi, tra madre e nonni.
Ma la vicenda giudiziaria si è trasformata in un’altalena. La Corte d’Appello ha ribaltato il giudizio, introducendo l’elemento della “omessa vigilanza” da parte della madre. E ora, con il rigetto dell’ultimo ricorso da parte della Cassazione, arriva la parola fine: nessun altro grado di giudizio è possibile.
Con la decisione della Suprema Corte, la famiglia Costa dovrà restituire circa 120 mila euro alle controparti, ovvero Enel, Comune di Alpago e compagnia assicurativa. L’avvocata della famiglia, Alessandra Gracis, ha parlato apertamente di una decisione “incomprensibile e dolorosa”, che lascia i parenti di Emanuele non solo con un debito, ma soprattutto con una ferita riaperta, proprio quando pensavano che il dolore avesse trovato almeno una forma di riconoscimento.
Nel frattempo, qualcosa è cambiato sul territorio. Dopo la tragedia sono stati installati cartelli di pericolo in vari punti del lago e persino lungo la statale vicina. Ma la sicurezza, come la giustizia, non è mai definitiva. Nell’estate del 2024, una donna di origini vietnamite è morta nello stesso specchio d’acqua, ignorando i segnali di divieto.