Anniversario tragedia in Marmolada, sono passati 2 anni
Padrin: “È la montagna a comandare. Sempre. E servono attenzioni particolari, premure e impegno, spesso anche sacrifici e dedizione"
Sono trascorsi già due anni dalla tragedia in Marmolada quando, a causa di un distacco improvviso di parte del ghiacciaio, morirono 11 persone che stavano salendo la Regina delle Dolomiti.
Anniversario tragedia in Marmolada, sono passati 2 anni
Una valanga di neve, ghiaccio e roccia che nel suo passaggio aveva coinvolto anche il percorso della via normale, mentre vi si trovavano diverse cordate (ne avevamo parlato QUI). Erano stati recuperati subito 8 feriti - 2 trasportati all'ospedale di Belluno, uno più grave a Treviso, 5 a Trento - e purtroppo 5 morti. Bilancio costretto, purtroppo, ad aumentare tragicamente.
Per il rischio di nuovi distacchi, l'elicottero di Trento aveva provveduto alla bonifica dell'area con la Daisy Bell e scongiurare così il più possibile il pericolo per gli operatori. Sul posto gli elicotteri del Suem di Pieve di Cadore, di Dolomiti Emergency di Cortina, di Trento, della Protezione civile della Regione Veneto, dell'Air service center e le stazioni del Soccorso alpino bellunese e trentino.
“È la montagna a comandare. Sempre. E servono attenzioni particolari, premure e impegno, spesso anche sacrifici e dedizione verso “i giganti di roccia”. Servono soprattutto uomini e donne che sappiano prendersene cura, che se ne occupino attivamente, provvedendo alle sue necessità. Perché la montagna non è matrigna, non è un mostro cattivo - anche se a volte potrebbe sembrarlo - ma parla una lingua tutta sua che va ascoltata e capita, ha tempi tutti suoi che vanno compresi e rispettati”.
A due anni dal disastro della Marmolada il presidente della Provincia Roberto Padrin prova a mettere nero su bianco i suoi pensieri e sentimenti. Non più con il caos emotivo provocato dalla tragedia, ma con la giusta distanza per provare a riflettere. E - se possibile - cogliere almeno un insegnamento da quanto accaduto.
“Il cambiamento climatico non fa sconti. E non li fa a maggior ragione alla montagna, tanto imponente quanto fragile – continua Padrin – Di conseguenza tocca all’uomo, con spirito darwinista, adattarsi per non soccombere, evolversi per non risultare schiacciato. Mettere in campo azioni per preservare oltre che sé stesso anche la montagna e il suo ambiente. Un’evoluzione che proprio per questo deve far compenetrare e coesistere l’uomo nell’ecosistema montano, perché il microcosmo montagna - con i servizi di aria, acqua, paesaggio che offre anche al “resto del mondo” - non può prescindere dalla presenza, dal lavoro e dalle azioni dell’essere umano. Insomma, serve che la montagna sia abitata, perché sia viva e curata. E questo passa attraverso un equilibrio tra attività e tutela, tra economia e preservazione, tra uomo e natura”.
Un equilibrio che l’uomo sa mettere in campo, come dimostra il precisissimo sistema di soccorsi che il disastro della Marmolada ha rivelato, una volta di più. È questo l’altro dato che emerge dalla tragedia del 3 luglio 2022: un sistema fatto di persone in cui ognuno ha il suo compito preciso, e sa svolgerlo con perizia e impegno, per l’incolumità propria e degli altri.
“Ecco, credo sia questo il messaggio più forte di tutti: ciascuno ha una mansione precisa; come scriveva il poeta latino Stazio, “homo homini deus est si suum officium sciat”, l’uomo può essere un dio per l’altro uomo, a patto che sappia fare il proprio dovere – conclude Padrin – Gli abitanti delle terre alte sanno qual è il loro dovere, come sanno ascoltare e comprendere i tempi e la lingua della montagna: devono solo essere messi nelle condizioni di abitare e curare la montagna perché possa continuare a offrire i propri servizi ecosistemici”.