Oltre 200 metalmeccanici bellunesi a Mestre per lo sciopero generale del 20 giugno
I sindacati: "Non è una battaglia ideologica, è una battaglia per la dignità del lavoro e per il futuro del Paese”

È rottura totale nella vertenza per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici.
Oltre 200 metalmeccanici bellunesi a Mestre per lo sciopero generale del 20 giugno
Dopo oltre un anno dalla scadenza, le organizzazioni sindacali Fim, Fiom e Uilm accusano Federmeccanica e Assistal di “irresponsabilità” per aver fatto naufragare le trattative, senza aprire a nessun aumento salariale certo né a una revisione delle normative che tutelano i lavoratori.
È per questo che per il 20 giugno è proclamato uno sciopero generale di 8 ore in tutta Italia. A Mestre, in Veneto, la manifestazione partirà alle 9 da Corso del Popolo per poi sfilare per le strade del centro, con l’arrivo in piazza Ferretto. Prevista la partecipazione di oltre 200 metalmeccanici bellunesi, in rappresentanza di quasi 6 mila addetti del settore in provincia.
“Non è una battaglia ideologica, è una battaglia per la dignità del lavoro e per il futuro del Paese”, afferma Alessio Lovisotto, segretario generale Fim Cisl Belluno Treviso.
È una situazione di stallo che dura da mesi, nonostante le organizzazioni sindacali abbiano presentato una piattaforma unitaria per aumenti di 280 euro in 3 anni, la sperimentazione delle 35 ore, maggiori tutele per la salute e la sicurezza, la conciliazione vita-lavoro, e misure per combattere la precarietà. Le controparti datoriali non solo non aprono sulla parte salariale, ma propongono di posticipare di 6 mesi l’adeguamento all’inflazione e di non considerare l’elemento di professionalità, contrattato nel 2021. Inoltre, rifiutano di affrontare questioni come smart working, orario di lavoro, parità di genere e stabilizzazioni contrattuali.
“È una posizione di chiusura totale – afferma Lovisotto – perché Federmeccanica si rifiuta di quantificare aumenti certi per i prossimi anni. Un’assurdità, se confrontato con quanto accaduto di recente con grandi società come Stellantis, Ferrari, CNHI e Iveco, dove aumenti del 6,6% e una tantum di 480 euro sono stati concessi senza problemi. Perché per le multinazionali sì e per l’intero settore metalmeccanico no?”.
D’altro canto, la versione delle imprese, secondo le quali dal 2008 al 2024 le retribuzioni metalmeccaniche sarebbero aumentate più dell’inflazione, non trova conferma né all’ISTAT né alla Banca d’Italia, che certificano una perdita di potere d’acquisto di circa l’8% dal 2021. Le organizzazioni sindacali respingono l’idea di compensare con benefit le mancate aumenti in busta.
“Non si può pagare la spesa con un buono per l’asilo. Servono aumenti reali per mantenere le famiglie, per contrastare la povertà lavorativa e per far ripartire i consumi”, conclude Lovisotto.
È quindi alta la tensione alla vigilia di uno sciopero che promette di essere una delle mobilitazioni più imponenti degli ultimi tempi per la categoria metalmeccanica.