l'allarme

Privatizzazione Poste italiane, a rischio quasi il 20% degli uffici (tra cui quello di Meano)

I sindacati: “Se si privatizza verrà a mancare l’interesse pubblico a mantenere i piccoli uffici del territorio, in particolare nel bellunese, e il rischio concreto è che si taglino servizi”

Privatizzazione Poste italiane, a rischio quasi il 20% degli uffici (tra cui quello di Meano)
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Cresce la preoccupazione riguardo alla privatizzazione di Poste Italiane.

Privatizzazione Poste italiane, a rischio quasi il 20% degli uffici (tra cui quello di Meano)

Secondo il sindacato dei lavoratori delle poste della Cisl, il processo di cessione sul mercato di una parte delle quote, così come prevista dal Governo, è destinata ad avere un impatto negativo sui territori, con la chiusura degli uffici postali nelle frazioni e nei piccoli comuni e il taglio sui portalettere.

La delicata questione sarà al centro di un fitto ciclo di assemblee sindacali convocate dalla Cisl Slp, Uil Poste e Cgil Slc e che, a partire da oggi e per tutto il mese di maggio, coinvolgeranno i lavoratori e le lavoratrici dei principali uffici postali delle province di Treviso e Belluno: martedì 7 i lavoratori e le lavoratrici del Feltrino si sono riuniti al patronato del Sacro Cuore e quelli dell’Agordino nella sala Framont di Agordo; mercoledì 8 i lavoratori del Bellunese si riuniscono nella sala parrocchiale di Cavarzano dalle 8 alle 10 e quelli del Cadore, del Comelico e Ampezzo nella parrocchia di Pieve di Cadore dalle 12 alle 14.

“Il Governo ha recentemente annunciato la vendita, per noi svendita, di una ulteriore quota azionaria di Poste Italiane, una scelta strategica che potrebbe segnare il passaggio della proprietà del Gruppo dalla mano pubblica a quella privata - spiega Marco Pertile, segretario generale della Cisl Slp - Se le quote azionarie oggi in possesso del MEF fossero cedute e collocate sul mercato, si determinerebbe, appunto, la perdita del controllo pubblico e si ridurrebbero le restrizioni imposte al management per garantire alla collettività un servizio ad alta valenza sociale. Si assisterebbe a un arretramento dei presidi territoriali, alla chiusura di uffici e ad un graduale disinteresse per lo svolgimento del servizio universale, a discapito delle fasce più deboli e marginali della società”. In sostanza, una vera e propria “svendita di Stato”.

La mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici sfocerà in una manifestazione regionale a Venezia il 18 maggio.

“Si dismette - prosegue Pertile - un ulteriore asset strategico per il nostro Paese al fine di incamerare poco più di tre miliardi di euro, una goccia nell’oceano di un debito pubblico oramai fuori da ogni ragionevole controllo, una cessione per nulla funzionale al rispetto dei vincoli di finanza pubblica a cui il Governo è tenuto. Poste Italiane svolge un servizio a vocazione sociale per i cittadini, garantendo uffici postali aperti e consegna della posta su tutti i territori, anche quelli più disagiati. Con la vendita ulteriore delle quote azionarie, l'obiettivo del profitto si sostituirà sempre di più alla missione sociale che questa azienda ha sempre avuto”.

Il rischio per i territori è quello di perdere tra il 15 e il 20% degli uffici postali, in particolare quelli nelle frazioni, aperti magari solo un paio di giorni alla settimana: ciò che rappresenta un servizio fondamentale per la popolazione anziana diventerebbe semplicemente una perdita per un’azienda privata. Due esempi su tutti: l’ufficio postale di Meano di Santa Giustina, in provincia di Belluno, aperto un giorno alla settimana e quello di Montaner, frazione di Sarmede, nella Marca, sempre un giorno di attività alla settimana.

“Se si privatizza - sottolinea Pertile - verrà a mancare l’interesse pubblico a mantenere i piccoli uffici del territorio, in particolare nel bellunese, e il rischio concreto è che si taglino servizi, inclusa la consegna della corrispondenza, e che si chiudano uffici, laddove si ravvisi improduttività”.

Nel mirino della Slp anche il Piano industriale 2024-2028 recentemente presentato da Poste Italiane.

“È evidentemente orientato - spiega Pertile - alla trasformazione degli uffici postali da servizio al cliente a struttura commerciale che vende servizi per avere guadagno: si tratta di un mutamento profondo per un’azienda con 150 anni di storia sulle spalle, nata per portare le lettere nelle case degli italiani, e oggi destinata a trasformarsi in una banca”.

In provincia di Treviso operano circa 1300 dipendenti tra i 185 Uffici Postali e i 10 Centri di Recapito. In provincia di Belluno operano circa 350 dipendenti tra un centinaio di Uffici Postali e i 3 Centri di Recapito.

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