Sei anni dalla tempesta Vaia: “Ricordo le lacrime di tensione, la fatica fisica ed emotiva”
Dopo Vaia sono stati attivati 2527 cantieri per oltre un miliardo di euro di fondi investiti per la mitigazione del rischio idrogeologico
Sono trascorsi già sei anni dalla tempesta Vaia.
Sei anni dalla tempesta Vaia: “Ricordo le lacrime di tensione, la fatica fisica ed emotiva”
Era il 2018 quando una violenta tempesta si abbatté su tutto il Bellunese, ma soprattutto nella parte alta della provincia, devastando e rendendo irriconoscibili interi territori.
“Sei anni fa proprio in queste ore abbiamo dovuto prendere le decisioni più difficili e gravi della storia recente del Bellunese. Chiusure complete di scuole e fabbriche come non era mai successo. Ma quelle decisioni, frutto di una filiera che è partita dalle previsioni meteo ed è arrivata fino alla Prefettura e ai singoli sindaci, è servita a salvare vite umane – scrive in una nota il presidente della Provincia Roberto Padrin – Ricordo quelle ore concitate nella sala operativa del Ccs. Ricordo le telefonate, le segnalazioni di danni che aumentavano di minuto in minuto, l’attesa degli aggiornamenti meteo. Ricordo i visi tesi davanti ai computer, le lunghe ore di ansia. Ricordo le lacrime di tensione, la fatica fisica ed emotiva, qualcuno che portava da mangiare ai tecnici impegnati per nottate e giornate senza sosta. Ricordo che ognuno ha fatto il suo dovere sentendosi parte di un organismo complesso e aiutando il vicino per “portare a casa” la nottata più difficile e tormentata di sempre”.
A sei anni di distanza, continua Padrin, è possibile leggere la tempesta Vaia con più distacco e quindi con maggiore profondità di analisi. E dire “che quello che è successo a fine ottobre 2018 è stato un’occasione grandissima. Un’occasione per ripensare il nostro territorio e il rapporto tra l’uomo e l’ambiente circostante”. Un’occasione di grande coesione, di ripartenza, e di lavori. Tutti insieme con l’obiettivo di rimettere in sesto una terra ferita. Un’occasione per capire una volta di più quanto è importante il lavoro di squadra.
“Senza Vaia, forse, non saremmo intervenuti in maniera così puntuale in tanti punti del nostro territorio che meritavano cure e attenzioni. Perché è vero che è stato necessario ricostruire e sanare le ferite. Ma è altrettanto vero che, grazie alla struttura commissariale della Regione Veneto e ai diversi soggetti attuatori, sono state realizzate opere decisive per evitare che si ripresentino altri danni, e sono stati messi in campo interventi per mitigare il rischio di frane ed esondazioni”.
Vaia è stata il crollo della casa a Ponte Mas, ma anche la ricostruzione della strada regionale a Candaten, per citare due casi simbolo. È stata il blackout elettrico e idrico in alto Agordino, ma anche la solidarietà di chi ha portato cibo e acqua alle frazioni più isolate nei giorni immediatamente successivi il disastro. È stata il bosco della Val Visdende raso al suolo, ma anche la ripiantumazione di migliaia di alberi. È stata la distruzione dei Serrai di Sottoguda, ma anche la rinascita, sei anni dopo, di uno dei siti più iconici e suggestivi delle Dolomiti bellunesi.
“Presiedere l'unità di crisi della regione, durante Vaia – ricorda l'assessore regionale Gianpaolo Bottacin – ha significato per me prendere decisioni da far tremare i polsi, come quella di far chiudere tutto a Belluno in base alle previsioni meteo della nostra Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (Arpav) o far evacuare o meno intere città. Sono state giornate particolarmente intense e complesse che ho vissuto dormendo due ore per notte quando andava bene. Il sistema della Protezione Civile del Veneto, verso il quale tante energie avevo speso fino a quel momento, è riuscito a dare una risposta rapida ed efficace, tanto da meritare il plauso del presidente della Repubblica Mattarella che il 12 marzo 2019 proprio a Belluno ha dichiarato che il sistema della PC del Veneto, in occasione di Vaia, aveva dato una lezione a tutto il Paese”.
Dopo Vaia sono stati attivati 2527 cantieri per oltre un miliardo di euro di fondi investiti per la mitigazione del rischio idrogeologico.
“Ormai siamo un modello. Ma non è stata una passeggiata – conclude Bottacin – Realizzare opere per la difesa del suolo è un percorso in salita tra complessità burocratiche determinate da valutazioni di impatto ambientale, autorizzazioni paesaggistiche, espropri e molto altro da un lato e contestazioni, ricorsi e addirittura minacce da parte di comitati, associazioni e addirittura amministrazioni dall'altro. Spesso tutti questi ostacoli non vengono percepiti dalla popolazione ma posso assicurare che hanno pesantemente messo alla prova la mia determinazione. Senza però scalfirla”.