Sulle Tofane operativo l'impianto geotermico per salvare il permafrost
L'operatività dell'ambizioso progetto "Rescue Permafrost", unico nelle Alpi e alimentato da pannelli fotovoltaici, frutto del lavoro di ricercatori e professionisti delle Università di Bolzano e Padova

I negazionisti del cambiamento climatico non hanno residenza sulle Dolomiti e a quelli che ce l'hanno la toglieranno se continuano a non vedere come sta cambiando l'ecosistema montano.
Il cambiamento climatico
Non bastasse l'innalzamento di quota dello zero termico o lo scioglimento dei ghiacciai che hanno provocato anche note disgrazie, la causa dei continui smottamenti, frane e colate di detriti non può che essere addebitata alla sempre minore tenuta del fondo roccioso dovuta alla fusione del permafrost, ovvero lo strato di suolo che era permanentemente congelato.
Il suo scioglimento può avere diverse conseguenze quali l’instabilità del suolo, appunto, con gli effetti sopra ricordati ed i conseguenti danni al territorio montano nel suo complesso.
"Rescue Permafrost" la sfida all'impossibile
E' tornato di attualità in questi giorni - complice un servizio televisivo Rai - ma era stato avviato tre anni fa dall'Università di Bolzano uno studio che aveva come scopo la conservazione dell'ecosistema montano.
Si tratta proprio del progetto "Rescue Permafrost" presentato a settembre 2023 nel Parco delle Tofane, delle Dolomiti ampezzane, ovvero un ambizioso progetto dei ricercatori in Fisica Tecnica Ambientale della Facoltà di Ingegneria dell'Università di Bolzano, appunto.
Già a metà settembre 2023 era stata scelta, per dimostrare la sostenibilità del progetto, la stazione di monte della seggiovia Pian Ra Valles – Ra Valles – Bus Tofana, da dove veniva offerto un esempio concreto di come l’innovazione tecnologica possa contribuire a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sul permafrost nelle zone alpine.
L'idea progettuale
L’idea progettuale intendeva prevenire o rallentare il processo di scioglimento del permafrost, causato dalla diffusione del calore proveniente dalle masse circostanti e la soluzione sarebbe dovuta passare attraverso l’implementazione di un ciclo frigorifero avanzato per il trasferimento del calore dalle zone più fredde a quelle più calde.
Lo studio non è rimasto fine a sé stesso ed, infatti, a Ra Valles - la seggiovia quadriposto ad agganciamento automatico inaugurata nella stagione invernale 2021-2022 e che porta ai piedi del Bus de Tofana sulle Dolomiti d'Ampezzo - contro il riscaldamento, dieci sonde sono state installate nel sottosuolo per estrarre calore.
Impianto ecocompatibile e green
Si tratta di un impianto geotermico unico nelle Alpi alimentato da pannelli fotovoltaici, frutto dei ricercatori e dei professionisti delle Università di Bolzano e Padova, finiti all'attenzione di colleghi svizzeri presi da analoghe preoccupazioni per il futuro.
Il sistema è alimentato da una pompa di calore a sua volta funzionante elettricamente grazie a dei pannelli fotovoltaici installati sulla copertura della stazione di Ra Valles.

Possibile anche l'impensabile
Tutti ben consapevoli di quanto sia utopistico ragionare su larga scala, essi sono però convinti che, simulazioni alla mano, su aree circoscritte sarebbe possibile mantenere la stabilità termica del terreno per almeno 25 anni.
L'impianto della Tofana rispetta vincoli ambientali e paesaggistici e la macchina frigorifera installata utilizza l’energia meccanica per facilitare lo scambio di calore tra il permafrost, la sorgente fredda, da cui viene estratto il calore raffreddandolo ulteriormente, e l’ambiente esterno, la sorgente calda, a cui viene ceduto il calore.
Le forze in campo
Ebbe a dire il professor Andrea Gasparella, responsabile del progetto, quando esso fu presentato nel 2023:
“Una delle prime attività è stata la simulazione della risposta del terreno alle sollecitazioni climatiche esterne, seguita dall’analisi dell’impatto della soluzione proposta, cioè del sistema geotermico, sul profilo della temperatura del terreno. La validazione dei risultati numerici ottenuti ed il monitoraggio delle condizioni del terreno rappresentano gli ultimi due aspetti del progetto, finalizzati a garantire l’efficacia della soluzione tecnologica adottata sul lungo termine, nonché la sua efficienza sotto il profilo energetico”.
Della valutazione dell’efficacia del sistema geotermico e dello studio del relativo contributo per la preservazione del permafrost e della stabilità dell’area in un contesto di cambiamento climatico accelerato si è, invece occupato il professor Giovanni Pernigotto che a sua volta commentava:
“Questo progetto rappresenta un’interessante soluzione per quanto riguarda la conservazione del permafrost nelle alte quote montane. L’utilizzo di tecnologie geotermiche innovative, combinate con sistemi di generazione di energia da fonti rinnovabili, può rappresentare una soluzione promettente per mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico sul terreno, che potrà essere replicata in altre località e strutture per garantire continuità della loro fruibilità anche in futuro”.
A coordinare il gruppo degli studiosi è stato lo stesso Ing. Mario Vascellari, presidente di Tofana Srl, al quale si sono affiancati, oltre ai citati Gasparella e Pernigotto, anche geologi ed ingegneri di Energytech Srl, di Geoland Srl, di Atzwanger SpA, oltre che professionisti del Dipartimento di Tecnica e Gestione Sistemi Industriali dell'Università di Padova, di ARPA Veneto - Arabba e di EURAC Research.

Tutti uniti e consapevoli che col caldo il gelato si squaglia
Quello che era un progetto ambizioso sta, evidentemente, dando soddisfazione ed è tornato sulla bocca di tutti a causa della montagna che con la bella stagione ha cominciato a collassare, perché checché ne dicano i negazionisti del cambiamento climatico è "la roccia perennemente gelata il collante delle nostre montagna e se la temperatura aumenta, le montagne scendono a valle".