tribunale di belluno

Hashish nella pappa del piccolo, patteggiamento a due anni di reclusione per evitare il carcere

È quanto chiesto dalla difesa dell’imputato, il 44enne Diego Feltrin, ma la pubblica accusa ha chiesto il rinvio a giudizio

Hashish nella pappa del piccolo, patteggiamento a due anni di reclusione per evitare il carcere
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È stato formulato, ma non ancora accolto, il patteggiamento a due anni di reclusione per Diego Feltrin, il 44enne accusato della morte per overdose del figlio Nicolò, di appena due anni, avvenuta il 28 luglio 2022.

Hashish nella pappa del piccolo, patteggiamento a due anni di reclusione per evitare il carcere

Una pena di questo tipo, con la sospensione condizionale della pena, permetterebbe ovviamente a Feltrin di evitare il carcere. Ma non è ancora detta l’ultima parola.

Ieri mattina, in Tribunale a Belluno, davanti al giudice Enrica Marson, si è svolta l’ennesima udienza interlocutoria. Il difensore dell’imputato, avvocato Massimiliano Xaiz, vorrebbe patteggiare. L’uomo è infatti incensurato, prima del fatto non ha mai avuto problemi con la giustizia e negli ultimi mesi si è sempre comportato bene. Il pubblico ministero, invece, ha chiuso le indagini per omicidio colposo, spaccio di droga al bimbo e morte come conseguenza di altro reato chiedendo un rinvio a giudizio.

Quello che è certo è che il piccolo è morto per “intossicazione acuta da sostanza ad azione psicotropa a seguito di indigestione di hashish”. La droga si trovava in diversi luoghi della casa, accessibili appunto anche al bambino. Ma, cosa ancora più sconcertante, pare che il papà l’avesse utilizzata in più occasioni per calmarlo e tranquillizzarlo. In che modo? Mischiandola alla pappa che poi dava al figlio. Quindi, non ci sarebbe solo un problema di disponibilità della sostanza (il fatto, cioè, che il bimbo potesse trovarla e ingerirla) ma anche di somministrazione. È un punto, tuttavia, che andrà dimostrato dalla pubblica accusa.

Il fatto risale a un anno e mezzo fa. In un primo momento si era pensato che il bimbo avesse ingerito qualche sostanza velenosa in un parco pubblico. Secondo la versione del padre, fornita in un primo momento, i due erano stati al parco sotto casa e il piccolo aveva ingerito una manciata di terra. Poi si era sentito male, faticava a stare in piedi, era sonnolente. Quindi la corsa in ospedale e poi la morte avvenuta in poche ore.

Pochi giorni dopo, però, i carabinieri avevano perquisito la casa della famiglia, dove avevano rinvenuto alcune sostanze stupefacenti. E il dubbio che il piccolo Nicolò potesse averle ingerite si è fatto sempre più pressante finché non è arrivata la conferma dall’autopsia. Il processo è stato aggiornato al primo febbraio, giorno in cui, probabilmente, si conoscerà la sorte del 44enne di Longarone: o un patteggiamento o un rinvio a giudizio.

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