Nascondeva un arsenale in casa: oltre 80 bombe a mano, fucili e proiettili della Grande Guerra
Il ritrovamento, fatto dai carabinieri nei giorni scorsi, non sarebbe collegato al colore verde dell’acqua del Piave. Tutto il materiale è stato sequestrato
Che vi sia un collegamento tra quanto ritrovato dai carabinieri a Comelico Superiore e la colorazione del Piave rilevata nei giorni scorsi è da escludere.
Nascondeva un arsenale in casa: oltre 80 bombe a mano, fucili e proiettili della Grande Guerra
Potrebbe trattarsi di un evento collegato, cioè che qualcuno si sia voluto liberare rapidamente di materiale che aveva in casa e che ha poi colorato il Piave, disfacendosene prima di poter essere controllato. Sta di fatto che nei giorni scorsi, prima della colorazione del Piave, i carabinieri di Cortina, nell’ambito di un servizio di controllo alle armi sul territorio, hanno bussato all’abitazione di un uomo di Comelico Superiore, per effettuare un controllo.
All’arrivo dei militari il proprietario ha subito condotto i carabinieri nel luogo ove custodiva un elevato numero di reperti della Grande Guerra, verosimilmente raccolti per attività di collezionismo militare. Un collezionismo che è disciplinato dalla legge e che presuppone una serie di adempimenti ma soprattutto non esclude affatto le responsabilità in materia di detenzione di materiale bellico o esplosivo, spesso rinvenuto attraverso un’attività clandestina di metal-detecting.
In questo ambito si è svolta la perquisizione dei Carabinieri che hanno rivenuto 2 fucili dei primi del ‘900 ma anche oltre 80 bombe a mano, alcune in pessimo stato di conservazione, oltre a numerosi proietti di artiglieria.
Il materiale pericoloso è stato sottoposto a sequestro e l’uomo dovrà rispondere di detenzione illegale di armi ed esplosivi.
Nell’ambito del medesimo servizio i Carabinieri hanno anche proceduto al sequestro di una pistola, a carico di un altro soggetto, che aveva trasferito il luogo di custodia dell’arma senza darne comunicazione all’autorità.
“Bisogna prestare grande attenzione a questa attività di collezionismo militare – spiegano i carabinieri - perché al di là della legislazione dedicata che, a partire dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, stabilisce regole precise per approcciarsi a questa attività che dev’essere innanzitutto svolta al di fuori di “aree archeologiche” e nei siti individuati quali “cimiteri di guerra” dove è assolutamente vietata, presuppone la consapevolezza che gli oggetti rinvenuti possono essere molto pericolosi. Chiunque rinvenga o possieda reperti mobili o cimeli relativi al fronte terrestre della Prima guerra mondiale “di notevole valore storico o documentario” deve ottemperare all'obbligo di comunicazione, entro sessanta giorni dal ritrovamento, al Comune del luogo della raccolta, indicandone la natura, la quantità e, ove nota, la provenienza, potendosi configurare, in caso contrario, il reato di furto di beni culturali, che sanziona anche la condotta di chi si impossessa di beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo”.
La pericolosità e instabilità di questi materiali che, anche se apparentemente innocui, possono essere ancora molto pericolosi. Per questo i carabinieri, al momento del ritrovamento nel Comelico, hanno fatto intervenire i carabinieri artificieri che hanno messo in sicurezza il materiale prima di sequestrarlo, supportati dall’unità cinofila per la ricerca di esplosivi che, a seguito della perquisizione, ha escluso la presenza di altro materiale presso l’abitazione.