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La storia di Incredy, la start-up bellunese fondata da quattro amici in piena pandemia

L'attività è emersa nel corso di un'indagine condotta da Meta per comprendere il reale potenziale di portali come Facebook e Instagram...

La storia di Incredy, la start-up bellunese fondata da quattro amici in piena pandemia
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Incredy è una start-up online di Belluno, specializzata in prodotti di cosmesi e detergenti intimi per uomini. È stata fondata nel 2020 al culmine della pandemia di Covid-19, dal gruppo di amici Massimo Fullin, Mattia Stevanin, Pietro Fedon e Andrea Constantini, che hanno creato un mercato che fino a quel momento non esisteva per questo tipo di prodotti.

La storia di Incredy, la start-up bellunese fondata da quattro amici in piena pandemia

Prima di avviare l'attività, hanno misurato l'interesse per la loro idea attraverso i Facebook Ads e la loro intuizione alla fine si è rivelata un successo. Quando hanno lanciato ufficialmente l’attività, hanno scoperto il vero potenziale di Facebook, grazie a un post virale che ha generato prevendite per circa 3.000 euro in meno di 10 giorni. Oggi il team prosegue sulla scia di questo successo, con il 60% delle vendite totali che deriva da Facebook e Instagram.

E' quanto emerge dallo studio di META sul contributo dei canali social e digital per la crescita e digitalizzazione delle PMI italiane presentato oggi a Roma nel corso della Tavola Rotonda “Il contributo dei social media e dei canali digital per la crescita e la digitalizzazione delle PMI italiane" dal quale è risultato evidente che la digitalizzazione delle PMI in italia potrebbe portare 10,2 miliardi di euro di contributo al PIL e 208 mila nuovi posti di lavoro.

In questa occasione sono stati presentati gli esempi di PMI virtuose che utilizzano gli strumenti digitali per crescere tra i quali c’è anche Incredy, start-up online di Belluno, specializzata in prodotti di cosmesi e detergenti intimi per uomini.

"Facebook è stato fondamentale per convalidare la nostra idea di business, ma anche per farla crescere." - ha dichiarato Massimo Fullin, co-fondatore di Incredy - "Ci siamo resi conto del potenziale che può avere questo strumento e di quanto sia importante la forza della condivisione".

Dalla cura di sé stessi ai post promozionali (e oltre)

Facebook e Instagram sono stati strumenti chiave nella crescita di Incredy: Massimo, Mattia, Pietro e Andrea li utilizzano regolarmente per condividere i post con l’obiettivo di coinvolgere e ampliare il loro pubblico. Massimo stima, infatti, che oltre il 70% della loro base clienti complessiva possa essere attribuita a queste piattaforme.

Per sviluppare ulteriormente questi canali e aumentare la reach, il team gestisce anche gli annunci su Facebook e Instagram. Utilizza post promozionali e li mette in evidenza per condividere piccoli omaggi, ma, soprattutto, usa gli annunci personalizzati, uno strumento che ha dimostrato di essere molto efficace. Secondo Massimo, infatti, gli annunci personalizzati hanno generato in media un ritorno 6 volte superiore alla spesa pubblicitaria iniziale.

Gran parte di questo successo può essere ricondotto all'uso di strumenti come Pixel di Facebook, che permette a Incredy di tracciare la modalità con cui le persone interagiscono con il loro sito web e i contenuti sui social network. Sulla base di questi insight, il team utilizza anche lo strumento di segmentazione Custom Audience, abbinando le inserzioni alle persone in base al loro coinvolgimento con il brand, per aumentare la loro rilevanza. Con la stessa impostazione, usa anche lo strumento Lookalike Audience, che li aiuta a espandere la base di potenziali clienti, offrendo annunci a persone che hanno interessi simili a quelli dei loro attuali clienti. Tutto questo contribuisce ad aumentare la rilevanza delle loro campagne e, di conseguenza, la probabilità di effettuare vendite.

Nuovi piani per il futuro

Pensando al futuro, il team di Incredy vuole ampliare la propria gamma di prodotti con articoli come salviettine intime e biancheria intima da uomo e pensa anche di organizzare Facebook Live, incentrati sui benefici scientificamente provati dei loro prodotti.

Risultati

  • Il 70% dei clienti proviene da Facebook e Instagram
  • Il 60% del fatturato è attribuito a Facebook e Instagram
  • Ritorno sull’investimento (ROI) pubblicitario 6 volte superiore grazie agli annunci personalizzati

L'esito dello studio META

Dallo studio realizzato per Meta da The European House - Ambrosetti sono emerse le seguenti evidenze:

  • Le PMI italiane sono al 18° posto nell’UE27 per livello di digitalizzazione e interazione digitale con i clienti. Ancora più ampio il ritardo nello sviluppo delle competenze digitali: sono al 21° posto, con i livelli più bassi di specialisti ICT in Europa.
  • L’Italia potrebbe aumentare fino al 9,2% la produttività del lavoro nelle PMI e generare fino a 24,8 miliardi di euro aggiuntivi di contributo al PIL, se raggiungesse i valori di Danimarca, Finlandia e Svezia, i 3 Paesi Best performer .
  • Le PMI che usano i canali digitali sono riuscite a far crescere del 20% i propri ricavi, del 30% la propria clientela e del 40% il numero dei follower, con una crescita del 50% delle visite presso gli store fisici .

L'Italia deve aumentare il proprio livello di digitalizzazione e questo processo può avvenire solo attraverso la crescita digitale delle piccole e medie imprese, che rappresentano la spina dorsale del tessuto produttivo del nostro Paese. Questo è quanto emerge dallo studio “Il contributo dei social network e dei canali digital per la crescita e la digitalizzazione delle PMI italiane”, realizzato per Meta da The European House - Ambrosetti e presentato oggi a Roma nel corso di un evento a Binario F.

L’Italia, infatti, sconta un forte ritardo sul digitale rispetto ai Paesi UE, attestandosi al 20° posto dell’Indice DESI stilato dalla Commissione Europea per misurare il livello di digitalizzazione dei 27 Stati membri. Il Belpaese, nello specifico, è ultimo in Europa per numero di laureati in ambito ICT (circa 4mila all’anno, pari all’1,3% del totale). Un gap che potrebbe essere colmato se le oltre 375 mila PMI italiane, che costituiscono un volano di crescita per il nostro Paese, accelerassero il loro processo di digitalizzazione. Le piccole e medie imprese, infatti, da sole generano 2.834 miliardi di euro di fatturato, pari al 42% di quello totale registrato dalle imprese italiane, contribuiscono al 41% del PIL del nostro Paese, a oltre un terzo (35%) degli investimenti e a quasi la metà (48%) dell’export totale.

Lo stato di digitalizzazione delle PMI Italiane - Il Digital Index PMI

Sebbene la pandemia di Covid-19 abbia contribuito a migliorare l’utilizzo di soluzioni collaborative digitali (+14,5%) e la comunicazione con la clientela (+12,7%), il livello di digitalizzazione delle piccole e medie imprese italiane è ancora basso e purtroppo in linea con quelli dell’intero Paese secondo l’Indice DESI.

Secondo, infatti, il Digital Index PMI, elaborato per l’occasione da The European House - Ambrosetti indagando alcune aree come l’accesso alla rete, la digitalizzazione del business, l’interazione digitale con i clienti e le competenze ICT, le PMI tricolori sono solo al 18° posto in Europa per livello di digitalizzazione. Uno degli ambiti principali in cui si riscontra un ritardo è indubbiamente quello delle competenze digitali, che vede le PMI italiane piazzarsi al 21° posto in UE, con i livelli più bassi (12%) di specialisti ICT nei propri organici rispetto alla media europea (18%) e all’Irlanda, a cui va la corona di best performer (29%). Un divario reso ancora più evidente dal fatto che solo il 15% delle PMI tricolori è in grado di fornire formazione digitale ai propri dipendenti (rispetto al 18% della media UE).

Anche in termini di dimensione dell’interazione digitale con i clienti - rilevata attraverso la presenza di un sito web, dell’ecommerce e dell’utilizzo dei social network - le nostre PMI si mantengono al 18° posto in EU, con 3 punti percentuali al di sotto della media europea. Il nostro Paese si attesta nelle ultime posizioni della classifica (23° posto) anche per dimensione delle infrastrutture di rete.

Gli ambiti in cui le PMI italiane ottengono, invece, risultati migliori rispetto alla media europea, sono la digitalizzazione del business - espressa soprattutto dalla fatturazione elettronica - e l’adozione di tecnologie digitali legate all’utilizzo del cloud, che vedono il nostro Paese al 7° posto nel ranking UE. Sempre secondo il Digital Index PMI, le PMI italiane sono all’8° posto per accelerazione della digitalizzazione registrata negli ultimi 5 anni.

Lo studio ha anche identificato una forte correlazione tra la posizione che i Paesi occupano nel Digital Index PMI e la produttività del lavoro nelle piccole e medie imprese.

L’Italia ha attualmente un punteggio di 51 (su una scala da 0=min a 100=max) nel Digital Index PMI. Se raggiungesse il punteggio di 80, attestandosi ai livelli dei 3 Paesi Best performer (Danimarca, Finlandia e Svezia), potrebbe aumentare la produttività del lavoro nelle PMI fino al 9,2%, generando fino a 24,8 miliardi di euro aggiuntivi di contributo al PIL, che corrispondono al 7,9% del PIL attualmente generato dalle PMI italiane.

I social network come leva di crescita e sviluppo delle PMI italiane

Un focus dello studio, condotto su 30 PMI che hanno utilizzato in maniera efficace i social network per raggiungere nuovi clienti, ha dimostrato concretamente che la digitalizzazione rende più produttive le piccole e medie imprese e favorisce l’aumento dell’occupazione. In particolare, l’analisi ha rilevato 4 benefici chiave ottenuti dalle PMI, che si traducono nell'aumento dei ricavi, del numero di clienti effettivamente raggiunti, dei follower sui social network e degli investimenti.

I canali social e digital, infatti, hanno consentito alle PMI analizzate di far crescere di circa il 20% i propri ricavi, senza dover investire nell’apertura di punti vendita e spazi fisici. I social network sono stati un prezioso alleato anche nel 2020, all’apice della pandemia, perché hanno consentito alle imprese di mantenere fino al 60% degli introiti. L’incremento dei ricavi è strettamente legato al portafoglio clienti, infatti, le aziende che hanno saputo valorizzare i social network e i canali digital sono riuscite a far crescere del 30% la clientela, diffondendosi capillarmente su tutto il territorio nazionale e acquisendo il 10% in più di nuovi clienti sui mercati internazionali.

Lo studio rivela anche che i social network hanno permesso alle PMI di incrementare la propria visibilità, registrando un aumento del numero dei follower pari al 40% e, di conseguenza, una crescita del 50% delle visite presso gli store fisici. Inoltre, i benefici attivati dai canali social e digital hanno agevolato crescenti investimenti in tecnologia e favorito la formazione digitale dei dipendenti, stimolando di oltre il 60% gli investimenti.

I social network rappresentano, quindi, un importante fattore abilitante del livello di digitalizzazione delle PMI. Secondo lo studio, una crescita del 77% nella quota di PMI che utilizzano i social network potrebbe produrre fino a 10,2 miliardi di euro aggiuntivi di contributo al PIL e incrementare in maniera significativa l’occupazione del nostro Paese, con oltre 208 mila nuovi lavoratori nelle PMI.

“Oggi siamo a un punto di svolta tecnologico. L'accelerazione digitale, a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, ha dimostrato alle aziende di tutte le dimensioni che si sono aperte nuove strade e nuove opportunità di crescita e che è necessario continuare a innovare per rimanere rilevanti e competitive. Una volta pensavamo che l'economia tradizionale e l'economia digitale fossero entità separate.

Ora sono indivisibili. Gli strumenti digitali sono al centro delle attività di ogni settore e organizzazione e non sono mai stati così importanti come in questo momento. - ha dichiarato Luca Colombo, Country Director di Meta in Italia - Lo studio realizzato da The European House - Ambrosetti dimostra, infatti, che il digitale può contribuire a far crescere in modo significativo l’occupazione, anche in quegli ambiti in cui il nostro Paese è ancora fanalino di coda in Europa.

Basti pensare che ben 75 mila delle 208 mila potenziali nuove posizioni lavorative nelle PMI, sarebbero legate allo sviluppo software, al web marketing e al community management”.

“L’emergenza COVID-19 ha reso evidente la necessità di migliorare il livello di digitalizzazione del Paese. Nonostante le PMI italiane abbiano potenziato la collaborazione digitale nel 14,5% dei casi e la comunicazione con la clientela nel 12,7% dei casi, l’indicatore di sintesi denominato Digital Index PMI (costruito sulla base di 15 Key Performance Indicator comuni a tutti i Paesi della UE27 e con un punteggio da 0 a 100) che abbiamo realizzato ad hoc per Meta, posiziona le PMI italiane al 18° posto in Europa per livello complessivo di digitalizzazione.

Particolarmente critici sono i ritardi nell’ambito delle infrastrutture di rete (23° posto) e delle competenze digitali nelle imprese (21° posto). È quindi più che mai urgente intervenire per consentire il pieno dispiegamento del potenziale di crescita per il sistema Paese. Abbiamo infatti dimostrato che la crescita nell’uso dei social network potrebbe produrre fino a 10,2 miliardi di euro aggiuntivi di contributo al PIL” ha dichiarato Valerio De Molli, Managing Partner e Amministratore Delegato di The European House - Ambrosetti.

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